Smetti di usare l’aceto per disinfettare: ecco perché è completamente inutile

L’uso dell’aceto come disinfettante domestico è da anni diffuso in Italia e nel mondo, alimentato da tradizioni popolari, consigli sul risparmio e una percezione di naturalezza e sicurezza. Tuttavia, negli ultimi anni la questione dell’effettiva utilità dell’aceto come disinfettante è stata sottoposta a una revisione critica da parte della comunità scientifica, dei tecnici ambientali e degli esperti di sanificazione. La convinzione che l’aceto sia una soluzione ottimale per disinfettare, soprattutto le superfici di casa, viene oggi messa in discussione sia per scarsa efficacia che per problematiche di natura ambientale e tecnica.

Le proprietà chimiche dell’aceto: comprendere i limiti

La quasi totalità dell’aceto impiegato per la pulizia domestica deriva dalla fermentazione dell’alcol e contiene una concentrazione di acido acetico variabile, generalmente tra il 5% e il 7%. L’acido acetico, come spiegato nella voce dedicata su Wikipedia, è la molecola base responsabile delle proprietà antibatteriche dell’aceto. Molti studi hanno rilevato la sua capacità di eliminare alcuni microrganismi, incluso il Mycobacterium tuberculosis, in soluzioni concentrate e con lunghe esposizioni, circa trenta minuti a concentrazioni del 6%. Ciò significa che l’attività antimicrobica esiste, ma è fortemente legata alla concentrazione e al tempo di contatto. Tuttavia, nella maggior parte degli impieghi domestici, come la pulizia del piano cucina o dei bagni, l’aceto viene diluito con acqua e lasciato agire per pochi minuti, rendendo di fatto inefficace la funzione disinfettante per virus, batteri resistenti e spore fungine.

Un’altra problematica spesso ignorata riguarda la distinzione tra i termini igienizzare, disinfettare e sanificare. L’aceto, nel migliore dei casi, può avere un’azione igienizzante, ovvero ridurre la quantità di batteri, ma raramente riesce a eliminarli completamente come fanno i disinfettanti certificati. Inoltre, sono emersi casi in cui, dopo il trattamento con aceto, sono rimasti vivi lieviti, muffe e persino batteri gram positivi. Questi risultati sono stati ottenuti da test specifici di laboratorio, che hanno sottolineato un abbattimento parziale della carica microbica solo a concentrazioni elevate e tempi di contatto prolungati, ben lontani dalle condizioni presenti nella pulizia casalinga.

L’illusione della pulizia ecologica: aceto e ambiente

Nell’ambito della eco-sostenibilità, l’aceto viene spesso promosso come alternativa “verde” ai detergenti chimici. Tuttavia, questa percezione è parzialmente fuorviante. L’acido acetico presente nell’aceto può risultare corrosivo nei confronti di metalli presenti in rubinetterie, lavatrici, lavastoviglie e pentole. Con l’impiego costante, favorisce la liberazione di nichel dalle superfici trattate, aumentando il rischio di allergia sistemica al nichel (SNAS) negli individui predisposti.

Dal punto di vista ambientale, scaricare acido acetico nell’acqua delle fogne crea potenzialmente un ambiente tossico per pesci e altri organismi acquatici. L’acido acetico è “difficilmente biodegradabile” e può accumularsi localmente, interferendo con i processi di depurazione e compromettere la salute degli ecosistemi acquatici. Questo aspetto è spesso ignorato dalla sensibilità comune, che associa erroneamente “naturale” a “non inquinante”, senza considerare che la chimica di base dell’acido acetico è tutt’altro che innocua.

I rischi e le false convinzioni: aceto e pulizia domestica

La popolarità dell’aceto come detergente trova radice nella tradizione e nella facilità di utilizzo: basta diluirlo, spruzzarlo e risciacquarlo. Tuttavia, le convinzioni secondo cui aceto e bicarbonato sarebbero in grado di “pulire, disinfettare e sbiancare” tutto sono ormai smentite dalla scienza della sanificazione.

Le molecole coinvolte, acido acetico e bicarbonato di sodio, non posseggono tutte le proprietà miracolose attribuite dalla pubblicità. L’aceto è ben lungi dallo sbiancare o sterilizzare come i prodotti a base di cloro o perossido di idrogeno. Quando aceto e bicarbonato vengono miscelati, la reazione chimica rilascia anidride carbonica (le famose bollicine), ma il risultato in termini di igiene è molto modesto: l’abbattimento microbico arriva a 1-2 log, una riduzione parziale, spesso insufficiente per garantire una vera sicurezza igienica nelle superfici che richiedono un disinfettante certificato.

Questa percezione distorta nasce anche dal fatto che molte persone confondono l’abilità dell’aceto di eliminare odori e sciogliere il calcare con la vera disinfezione. Eliminare odori significa spesso mascherarli, mentre sciogliere il calcare è un fenomeno fisico di reazione tra acido e sali minerali, non una disinfezione microbiologica.

Quando l’aceto può essere realmente utile e quando evitarlo

L’aceto rimane un buon alleato per alcuni scopi:

  • Rimuovere calcare da rubinetterie e lavandini, per effetto dissolvente sull’idrossido di calcio.
  • Eliminare odori residui da alcune superfici, soprattutto in frigoriferi o nelle scarpiere.
  • Preparare marinate alimentari, conserve o ricette che beneficiano dell’effetto antimicrobico blando dell’acido acetico sulle superfici di frutta e verdura prima del consumo.

Per quanto riguarda la sanificazione e la disinfezione di superfici critiche (come bagno, cucina, maniglie, superfici a rischio di contaminazione), è fondamentale affidarsi a prodotti certificati e testati secondo standard europei, quali soluzioni a base di ipoclorito di sodio (candeggina), perossido di idrogeno o alcol etilico al 70%. Questi prodotti garantiscono il vero abbattimento della carica microbica e sono formulati per tempi di contatto e concentrazioni precise, con efficacia validata anche contro virus patogeni e batteri resistenti.

L’aceto, inoltre, andrebbe evitato su superfici metalliche (soprattutto acciaio e rame), su marmo e pietra naturale: la sua azione corrosiva può danneggiare irreparabilmente i materiali. Risulta sconsigliato anche per la sanificazione delle lavatrici e degli elettrodomestici, dati i danni a guarnizioni, tubature e resistenze metalliche.

Come leggere l’etichetta: tra marketing e realtà

Nei supermercati e online si trovano decine di prodotti pubblicizzati come “disinfettanti naturali a base di aceto”. Attenzione: aceto non è riconosciuto né omologato come disinfettante su molte superfici secondo la normativa europea (Regolamento Biocidi UE 528/2012). I veri disinfettanti sono sottoposti a test che ne dimostrano capacità battericida, virucida e fungicida, e certi effetti non possono essere garantiti dall’acido acetico alle concentrazioni casalinghe e ai tempi di contatto abituali. Leggere le etichette aiuta a non fidarsi delle promesse pubblicitarie e preferire prodotti con chiara certificazione CE.

Considerazioni per la sicurezza domestica

L’utilizzo indiscriminato di aceto ignora anche alcune pericolosità legate a reazioni chimiche inattese. Miscelare aceto con candeggina libera cloro gassoso, una sostanza tossica per l’organismo umano. Inoltre, utilizzare aceto su materiali sensibili al pH acido può indebolire le superfici, creare aloni permanenti o aumentare la corrosione di elementi metallici, peggiorando invece che migliorando la qualità dell’ambiente domestico.

Se l’obiettivo è mantenere la casa pulita, sicura e davvero disinfettata, preferire prodotti riconosciuti dalla normativa e seguire un approccio consapevole all’acquisto e all’uso delle sostanze chimiche è la scelta migliore. L’aceto può restare utile, ma come pulitore blando e deodorante, non come disinfettante efficace.

La consapevolezza chimica attuale, supportata da test scientifici aggiornati e da una crescente attenzione all’ecologia e alla salute, impone di limitare l’uso dell’aceto quando si tratta di voler ottenere una vera e propria disinfezione delle superfici. Ricorrere sempre alle migliori pratiche e alla corretta informazione scientifica significa proteggere la casa, la salute della famiglia e l’ambiente circostante.

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